La Tradizione Taoista ha tramandato fino a noi modalità precise, efficaci, ed estremamente attuali per far fronte allo stress, alla fatica, a stili di vita non sempre salutari.
Gli antichi taoisti erano dei conoscitori profondissimi non solo del corpo, come spesso ci dimostrano le più recenti scoperte della fisica, ma anche del funzionamento della parte meno conosciuta di noi, potremmo dire “animica” con espressione moderna, ed hanno tradotto queste conoscenze in modalità ancora perfettamente fruibili anche tutti a noi.
La Meditazione Taoista rientra a pieno titolo nelle “Pratiche di Lunga Vita”, Yang Sheng Fa, della Tradizione Cinese, tanto da essere parte integrante di molte pratiche di Qi Gong. Si basa sulle conoscenze della Medicina Tradizionale Cinese (MTC) e ancora prima del Pensiero Classico Cinese; comprende diverse modalità, dalla meditazione seduta, in piedi o camminata a partire dal respiro, all’uso di mantra e mudra (postura delle mani), alle visualizzazioni, fino alla più complessa “Respirazione e Alchimia Interna Taoista”.
Anticamente si diceva che: solo una mente calma, un cuore vuoto (in grado di contenere le emozioni, senza venirne sopraffatto), accolti in un corpo in equilibrio ci possono donare quella Unità che ci permette di vivere al meglio.
Daniela Monzani, Cristina Bergamini, Monica Montecchi
Biancamaria Boldini, Yuri Debbi
La Tradizione Buddista si basa su una conoscenza molto profonda del funzionamento della psiche, ed ha creato meditazioni estremamente interessanti, talvolta anche mirate a situazioni specifiche.
In particolare vengono qui utilizzate meditazioni provenienti dalla Tradizione Cinese e Tibetana, in cui risulta evidente (in particolare per quelle Cinesi) come ci sia stata una influenza del Taoismo sulla Tradizione Buddista Cinese.
La Meditazione Buddista Cinese, conosciuta come Chan, ha dato origine al più conosciuto Zen Giapponese; le pratiche si basano sulla Medicina Tradizionale Cinese (MTC) e su quella Tibetana e comprendono modalità diverse, basate sul respiro, sull’uso di mudra e mantra.
Ciò che va sotto il nome di yoga è assai più che una particolare dottrina, una disposizione permanente e ubiquitaria, una sorta di linea di forza spirituale che attraversa da cima a fondo la civiltà indiana suscitandovi un complesso di teorie e pratiche differenti in ambiti diversi.
Lo yoga di Patanjali, benché esso stesso erede di tradizioni dottrinarie e tecniche antecedenti, rappresenta il punto di vista classico, per il suo intento speculativo e sistematico che integra per la prima volta gli sparsi insegnamenti preesistenti in un progetto filosofico unitario. Negli Aforismi dello yoga (Yoga sutra), Libro del Metodo (II) l’autore annuncia lo yoga pratico, nell’intento di esporre l’applicazione del metodo che permette la realizzazione dello yoga.
Nello specifico egli descrive gli otto membri per raggiungere questo scopo:
Nel Libro delle facoltà sovrannaturali (III) l’autore definisce con precisione le potenzialità degli ultimi tre membri del percorso dello yoga (in molte scuole di pensiero definito come Raja Yoga) a cui si giunge solo dopo aver raggiunto una predisposizione favorevole con l’ausilio dei cinque membri precedenti.
1 desa-bandhas cittasya dharana – L’attenzione è la localizzazione della mente
L’attenzione consiste nel fissare la mente su un certo punto come il centro dell’ombelico o la sommità del naso e tenervela ferma tralasciando qualsiasi altro oggetto; attraverso questo strumento si instaura l’unintezionalità che è la condizione necessaria di ogni ulteriore inibizione.
2 tatra pratyayaikatanata dhynam – La meditazione è l’uniformità della rappresentazione a essa relativa
Si dice meditazione l’uniformità della rappresentazione che insiste sul punto dove il pensiero è fissato, cioè si rigenera ininterrottamente sull’identico oggetto dell’attenzione, con esclusione di qualsiasi tralignamento.
Al vincolo spaziale dell’attenzione la meditazione aggiunge un vincolo temporale. L’oggetto localizzato in un punto definito dello spazio interiore appare alla contemplazione in una durata omogenea del tempo interiore, in un atto di esperienza apparentemente unico perché non frantumato da insorgenze estranee.
3 tad evantha-matra-nirbhasam svarupa-sunyam iva samadhi
L’enstasi è la meditazione stessa allorchè manifesta soltanto l’oggetto, quasi svuotandosi della propria essenza.
La meditazione or ora definita si dice enstasi quando manifesta soltanto l’oggetto intenzionato, ossia quando, compenetrandosi nella sua figura, mette in risalto la forma dell’oggetto mentre si svuota quasi della propria, offuscando la sua essenza di atto conoscitivo.
L’enstasi si realizza allorché la mente si applica interamente al suo oggetto, diviene un intenzionale tralasciando le distrazioni (rientro graduale in sé stessi sublimandosi in puro sguardo di fronte a un oggetto).
Tratto da Patanjali “Aforismi dello yoga” (YOGA SUTRA) A cura di Paolo Magnone – Promolibri editore